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Immagine del redattoreFederica Lampugnani

Lo spirito della montagna: trasformare il dolore



Siamo reduci in questi giorni della scomparsa di due alpinisti italiani ritrovati sul Monte Bianco. Talvolta queste notizie ci raggiungono, lasciando il dramma e il mistero di vite che vengono spezzate e strappate dalla montagna.

Un amore che l'Italia ha dentro il cuore della sua terra, fatta di cime e paesaggi unici che richiamano - come un incanto - da tutto il mondo per essere goduti e apprezzati.

L'alpinismo ha questa vena tragica che lo rende una specialità dolceamara per chi la pratica, con passione, per chi la vive negli occhi di un figlio o di un amato.

Pubblicato da Solferino nel 2020 "Vivere. La mia tragedia sul Nanga Parbat" è il racconto della stessa autrice, l'alpinista francese, Elisabeth Revol. Un libro emozionante e drammatico ma che racchiude anche il senso terapeutico e trasformativo della narrazione come medicina.

Nel 2018 la Revol insieme all'amico Tomasz Mackiewicz, alpinista polacco, completano per la prima volta la salita al Nanga Parbat in stile alpino. L'impresa è il coronamento di un sogno a lungo atteso per entrambi. I quali avevano tentato la salita diverse volte senza purtroppo concludere la scalata con un successo.

Il dramma tuttavia si presenta nella discesa del Diamir, come è anche chiamato il massiccio Pakistano tra le nove montagne più alte del mondo (8126 metri).

Tomasz soprannominato per tutti Czapkins per il suo immancabile cappello, manifesta i sintomi di quella che si definisce cecità da neve e per il freddo di un edema polmonare che sarà fatale.

Elisabeth Revol racconta con sincerità tutte le difficoltà incontrate nel cercare di condurre lei e l'amico Tomasz ad un'altitudine inferiore e sufficiente per poter essere soccorsi. Date le condizioni invernali e il peggioramento dello stato del compagno, l'alpinista francese si ritroverà - anche per le indicazioni che riceverà dai soccorritori - a scendere da sola. Il dramma che porterà con sé, ben oltre il suo salvataggio e recupero dal congelamento riportato, sarà il senso di colpa e impotenza per aver lasciato l'amico morente solo sul Nanga Parbat.

Una vicenda che aveva scosso tutti gli amanti e non solo dell'alpinismo che si erano infatti messi a disposizione per recuperare la Revol il prima possibile e là dove l'elicottero non poteva giungere.

Questa lettura esplora non solo i fatti con una profonda cura dell'aspetto tecnico e organizzativo della scalata, va fino in fondo alle domande che una passione così rischiosa porta con sé. Primo fra tutti la consapevolezza del limite umano e del mistero che circonda la natura, in questo caso, la montagna quasi vissuta come una divinità spirituale con cui entrare in contatto per esigenza e necessità.

In seguito è l'esperienza stessa di libertà e pienezza di vita che esplora l'autrice come vera dimensione di esistenza, lontana dalle fatiche del vivere "in basso" così definito tra le pagine. Quel confine tra cielo e terra per cui si è disposti a tutto, a lasciare e mettere in conto la vita stessa, diventa un obiettivo che chiama e ossessiona instancabilmente.

Desideri di folli e la follia del desiderio. Il giudizio è sospeso quando si incarna in un regno che è fatto di coraggio, speranza, solidarietà, bellezza e amore per la vita.

Che rimane lassù e oltre. Per sempre.




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